L’allenamento funzionale in riabilitazione sportiva

Ogni giorno milioni di persone si allenano per aumentare la forza, la resistenza, la flessibilità, le abilità tecniche specifiche; moltissime di queste persone, senza saperlo, allenano le loro disfunzioni di movimento (1-2)! In pratica il gesto atletico di questi sportivi, agonisti o amatori, è strutturato intorno a problemi preesistenti o a compensi indotti dall’attività praticata e la mancata conoscenza di questo problema genera un circolo vizioso per cui più elevati sono i carichi di lavoro e maggiore è l’utilizzo dei pattern scorretti. Questi schemi errati alterano la “funzionalità del movimento”, inducendo una diminuzione della prestazione e un aumento dei rischi di infortunio (3–4). Abbiamo volutamente virgolettato “Funzionalità del movimento” perché è indubbio che in questi ultimi tempi l’attività funzionale, finalizzata al recupero o all’allenamento, sia diventata uno degli argomenti di maggiore interesse/discussione tra ricercatori, riabilitatori, tecnici, atleti e praticanti dell’universo fitness. E’ altrettanto indiscutibile che, per le sue caratteristiche di “globalità”, questo tipo di attività sia stata fatta oggetto di innumerevoli interpretazioni teoriche a cui hanno fatto seguito altrettante tecniche ed esercitazioni. Pur utilizzando una grande varietà di esercizi e applicativi alcune di queste teorie/tecniche, se analizzate sulla base delle evidenze scientifiche, risultano funzionali….a sé stesse! A seguito di una simile affermazione si rende necessario approfondire brevemente i concetti che stanno alla base del lavoro funzionale per utilizzarli nella pratica. Si conviene che la “Functional Theory” nasca, in ambito riabilitativo, da osservazioni e ricerche effettuate agli inizi degli anni ’90 negli Stati Uniti e in Australia (5). L’assunto è che l’attività funzionale si basa sull’integrazione di sinergie “dimenticate” dalla maggior parte degli uomini moderni ma fortemente impresse nella loro neuromatrix.
runningwoman matrixQueste sinergie sottendono all’esecuzione/gestione di “movimenti fondamentali” come: rotolarsi (rolling), accovacciarsi (squatting), tirare (polling), spingere (pushing), allungarsi in affondo (lunging) piegarsi (bending), girarsi (twisting), spostarsi (walking, running) (6). Tali movimenti si combinano tra loro per consentire l’esecuzione di tutte le funzioni corporee; ad esempio sollevare (lifting) o trasportare (carrying) oggetti, sono movimenti complessi, ottenuti dalla combinazione di più movimenti fondamentali, che coinvolgono un numero importante di articolazioni, avvengono su più piani e a diverse velocità angolari (5-6) . Eseguire efficacemente questi gesti consente di sviluppare una corretta vita di relazione e in tempi molto lontani, era addirittura alla base della sopravvivenza; si pensi alla caccia, alla raccolta del cibo e….. alla fuga. Questa considerazione potrebbe spiegare il motivo dell’attenzione riservatagli dalla corteccia cerebrale e la necessità di un’attivazione fisiologica e globale durante il gesto. Il movimento avviene grazie alla corretta contrazione dei muscoli che lavorano organizzati in catene cinetiche, meglio definirle fisiologiche(7), e alla stabilizzazione fondamentale del core (8-9). Risulta indispensabile sottolineare l’importanza dei timing attivatori e della qualità del movimento; la sequenza di attivazione dei muscoli e l’intensità della loro contrazione devono essere adeguate al compito da svolgere (1-2). Non ultima bisogna considerare la necessità di coordinare in maniera ottimale tutte queste afferenze per trasformarle in comandi finalizzati a gestire tutte le funzioni precedentemente descritte. Questo richiede una buona percezione corporea, proprio/enterocettività, abbinata a patterns efficaci ed efficienti (10).

Come abbiamo detto Allenamento funzionale non vuol dire solo allenare il corpo per costruire livelli di forza muscolare utilizzando i vari piani del movimento , è anche allenare il sistema nervoso a raggiungere una funzione ottimale portandolo ad una efficiente e corretta attivazione del sistema muscolo-scheletrico mentre si trova in azione.

Spesso in ambito riabilitativo il problema che viene riscontrato nel trattamento di alcune patologie in modo particolare con gli atleti non e’ relativo ad una mancanza di forza in alcuni gruppi muscolari ma ad una non corretta sequenza di attivazione (Timing of Activation), la naturale sequenza riabilitativa in ambito sportivo prevederebbe dopo la correzione di eventuali problemi di timing di arrivare a rendere il movimento automatico in modo Pre-programmato .

Questi movimenti pre-programmati, o riflessi, sono definiti programmi motori, la necessità di svolgere in modo molto rapido alcuni di questi programmi data la complessità e la quantità di attività che vengono svolte in tempi rapidissimi (Sequenza di contrazione, livelli di forza , velocità di contrazione) porta il nostro cervello a compiere queste azioni in modo automatico. Con la pratica gli schemi motori che possono far parte del bagaglio di un atleta possono aumentare e diventare sempre più complessi .

La domanda che dovremmo farci allora e’ come recuperare o migliorare questo patrimonio di schemi motori.
Una risposta che spesso viene data (di natura empirica): molti anni di pratica. Una risposta più scientifica e spesso più complessa è quella di migliorare questi schemi attraverso il sistema del controllo con il biofeedback.

Ogni Articolazione, muscolo, tendine e legamento del corpo umano contiene propriocettori. I propriocettori sono dei recettori sensori specializzati localizzati all’interno dei muscoli, articolazioni e tendini che monitorizzano la lunghezza e la tensione del complesso muscolotendineo. Queste strutture forniscono al sistema nervoso centrale informazioni cinestesiche e somestesiche, dando informazioni relative al posizionamento del tronco e degli arti nello spazio in situazioni statiche e dinamiche.

fotoAllenamento funzionale utilizza movimenti che simulano situazioni reali che si verificano nei gesti sportivi specifici per mantenere e migliorare l’esecuzione di programmi motori complessi. Quindi, piuttosto che lavorare sui singoli muscoli spingendoli ad agire indipendentemente l’uno dall’altro, in circostanze non-funzionali e realistiche come avviene con i metodi di allenamento tradizionali, allenamento funzionale allena anche il sistema nervoso rafforzando le corrette sequenze di attivazione muscolare, i tempi e l’ equilibrio.

Cosa dovremmo includere nei nostri programmi di riatletizzazione per renderli funzionali?

  • Sostituire esercizi a catena cinetica aperta con esercizi a catena cinetica chiusa , questo perché gli esercizi a catena cinetica chiusa hanno un carico propriocettivo maggiore, coinvolgendo più gruppi muscolari , articolazioni allo stesso tempo e tendono ad essere più similari ai movimenti utilizzati durante le situazioni reali o sportive
  • Aggiungere esercizi per il core, anche con l’utilizzo della physioball , Bosu,Trx queenaxe altri applicativi che forniscono una superficie instabile o di equilibrio alterato. L’uso di questo tipo di attrezzi stimola il sistema nervoso ad attivare meglio i muscoli stabilizzatori (per esempio i multifidi nella parte lombare della colonna vertebrale) durante l’esecuzione di azioni che coinvolgono i muscoli degli arti inferiori.
  • Trovare una sequenza logica nella somministrazione degli esercizi , creando un continuum a partire da attività meno funzionali ( più facili )a quelle più funzionali e specifiche (più difficili) (12 ).

Una prima organizzazione delle attività funzionali dovrebbe comprendere: esercizi per la parte inferiore del corpo , esercizi per la parte superiore, esercizi per il rafforzamento del core ,(Boyle) privilegiando esercizi multiarticolari come squat , affondi e power clean modificato . Un ulteriore step potrebbe essere quello di passare in progressione da azioni bipodaliche a monopodaliche inserendo movimenti rotatori e superfici instabilipanca vicore. Questo in alcuni casi può rappresentare un livello di controllo motorio che una volta raggiunto (pensiamo ad uno squat unilaterale su superficie instabile) può dare a livello valutativo un’indicazione importante sul recupero del soggetto e può essere mantenuto ed integrato nelle programmazioni di allenamento futuro come solida base per la prevenzione degli infortuni .

Spesso e volentieri si parla di allenamento funzionale a sproposito come soluzione per tutti i problemi , dimenticandosi che questa metodica non può sottrarsi ai principi fondamentali che regolano la scienza dell’ allenamento e che quindi deve essere somministrata secondo un modello di organizzazione ben preciso e non casuale. E’ necessario valutare l’intensità e scegliere gli esercizi   in modo corretto per massimizzare i risultati sia in ambito preventivo che riabilitativo, rammentando che la difficoltà delle esercitazioni che proponiamo non deve mai andare a mettere a rischio la salute del nostro atleta-cliente. Vanno quindi evitate esercitazioni estreme, più vicine alle pratiche circensi che ai modelli di prestazione con i quali lavoriamo.

Quindi Allenamento Funzionale sì ……..ma con il cervello!


BIBLIOGRAFIA

  1. Sahrmann S.A. Diagnosis and treatment of movement impairment syndromes. Mosby Elsevier, 2002
  2. Comerford M.J., Mottram S.L. Movement and stability dysfunction – contemporary developments. Manual Therapy 6: 15-26, 2001.
  3. Mcgill SM, Grenier S, Kavcic N and Cholewicki J. Coordination of muscle activity to assure stability of the lumbar spine. J Electromyography and Kinesiology. 13: 353 – 359. 2003
  4. Liebenson C. Spinal Stabilization – an update. Journal of Bodywork and Movement Therapies.   2004.
  5. Andorlini A. Introduzione all’allenamento funzionale. Scienza e Sport N°10 2011
  6. Boyle M. Functional Training for Sports. Champaign, IL: Human Kinetics; 2003.
  7. Busquet L. Le catene muscolari. Editore Marrapese Roma, 1993
  8. Cook G. Athletic Body in Balance. Champaign, IL: Human Kinetics; 2003.
  9. Juluru J, Mcgill S. Intra-abdominal Pressure Mechanism for Stabilizing the Lumbar Spine. Journal of Biomechanics 32 (1999) 13-17.
  10. Schilder P. Immagine di sé e schema corporeo. 1973
  11. Spina A. Functional Training in the sports
  12. Micheal Boyle  Advances in Functional Training   24-25

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10 commenti su “L’allenamento funzionale in riabilitazione sportiva”

  1. Bellissimo articolo, molto interessante, una sola precisazione, penso sia importante, quando parlate di Teoria del movimento funzionale, e date la paternità del tutto ad America ed Australia, vorrei ricordare che nasce a fine del 1800 con George Hébert fondatore della Ginnastica Naturale http://it.wikipedia.org/wiki/Georges_H%C3%A9bert fonadatore e primo teorizzatore di quanto sopra descritto…. Parafrasando diamo a Hébert ciò che gli appartiene, con buona pace per tutti gli altri….

    1. Gent.mo Francesco La ringraziamo per i complimenti ma ancora di più per il contributo. La nostra citazione geografica e cronologica è dovuta alla pubblicazione di articoli scientifici in questo ambito ma siamo anche consci che il concetto di allenamento funzionale ha numerosi padri. In effetti un semplice articolo può semplicemente iniziare a presentare i concetti del lavoro funzionale e non può sicuramente rendere giustizia a tutti coloro che hanno concorso a sviluppare il pensiero e le tecniche basate “sul movimento finalizzato alla funzione”. Certamente Hébert ha avuto un ruolo di rilievo nello sviluppo dell’attività funzionale e questo suo commento è il segno evidente che il suo contributo non è stato dimenticato.

  2. Ottimo articolo, completo e tecnico. Troppo spesso in palestra si usa il termine ”funzionale” a sproposito, in quanto come lo dice la parola stessa lo stimolo allenante deve essere adattato per ognuno per essere funzionale e quindi migliorare la funzione. Molti tecnici del settore fitness invece tendono ad analizzare poco questi aspetti, determinando degli scarsi risultati nei praticanti, se non addirittura degli infortuni per degli stimoli di allenamento non adeguati.

    1. La ringraziamo per le considerazioni che ci trovano completamente concordi. La tipologia di esercizio funzionale deve essere strutturata sulla base delle necessità di ogni individuo e ancora di più sulle sue capacità e competenze motorie. E’ sicuramente controproducente somministrare ad un utente esercizi che richiedono capacità che non possiede. Cogliamo l’occasione per Augurare a tutti BUONE FESTE

  3. Molti ignorano quanto l’allenamento funzionale sia importante se “mirato” agli scopi per cui nasce. Hai fatto bene a sviluppare questo tema, articolo interessantissimo.

  4. Buongiorno,

    ho letto l’articolo con molto interesse, perchè quello sull’allenamento funzionale credo sia un tema molto controverso ed altrettanto rilevante per chi vive il nostro mondo.

    Anche noi abbiamo trattato questo argomento sul nostro portale recentemente, tramite un’intervista a Lorenzo Mosca.

    Grazie.

    A presto.

  5. Ottimo articolo!
    I limiti dal punto di vista motorio dell’allenamento tradizionale sono ormai sotto gli occhi di tutti.
    E’ anche vero, come scritto sull’articolo, che l’allenamento funzionale, per essere efficace, deve avere una impostazione logica e seguire le regole della metodologia dell’allenamento.
    Per quella che è la mia esperienza, lavorando in palestra ed avendo frequentato corsi di formazione sull’allenamento funzionale, istruttori e Personal Trainer prediligono la variabilità dei gesti e degli esercizi senza considerare l’importanza dei principi della metodologia dell’allenamento, come ad esempio la progressività, la continuità, il rapporto tra intensità e volume, solo per citarne alcuni.. Di conseguenza si vedono clienti che, allenamento dopo allenamento, eseguono una infinità di esercizi e stimoli motori nuovi, senza avere effettivi miglioramenti sulla propria performance e condizione fisica.

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