“Nel mezzo del cammin di nostra vita…”…: già ai tempi di Dante la parabola della “durata” terrena era attorno ai 35 anni. Di sicuro, per chi più chi meno, a quell’età prevalgono i meccanismi catabolici che quelli anabolici nel nostro sistema biologico (in realtà già prima). Cosa significa? Che arriva il momento di giocare al risparmio.
Più o meno in questi termini nel mio ambulatorio sovente mi trovo a discutere con i pazienti riguardo a quello che “possono” fare, a quello che “devono” ma soprattutto a quello che non possono e non devono fare. Nel senso che dopo o durante la fase di recupero da una “magagna” viene loro spontaneo chiedersi quanto e cosa di quello che facevano prima possa essere ripreso ed eventualmente quando.
Capita anche spesso che questa domanda sia già stata rivolta ad altri professionisti prima che a me.
Allora incrocio le braccia, allungo le gambe e li guardo. Sorrido. E poi dico loro: per darle questa risposta filosofia e medicina si devono incontrare.
Mi spiego.
Clinicamente una “magagna”, per usare il termine di prima, crea un’area di alterazione neurovascolare ed energetica che noi conosciamo come infiammazione. Quando l’infiammazione si risolve, a seconda di quanto è durata, lascia un sentiero. Si, un sentiero come quelli di montagna: un sentiero in cui l’erba continua a non crescere per molto tempo, anche quando non è più battuto.
Nel corpo è la stessa cosa: rimane una specie di “ricordo” biologico dell’area in disfunzione che, se pur sanato, rimane più suscettibile. Facendo un esempio terra terra è come togliere un chiodo dal muro: il buco resta!
Pertanto clinicamente sarebbe più giusto rispondere che si, piano piano, gradualmente si può riprendere a fare quello che si faceva prima cercando di avere un po’ più di coscienza corporea.
Filosoficamente. Eh filosoficamente è più spinoso dare una risposta. Perché se non è stato un trauma a generare la “magagna” ma è stata una graduale diminuzione delle capacità psico-fisiche di far fronte a se stessi…allora…come si fa rispondere?
Ma come faccio io a capirlo? È il mio lavoro capire questo: comprendere quando il corpo è in una situazione di vuoto (d’energia) o di pieno. E successivamente quale organo e quale canale che ad esso afferisce si trovi in pieno o in vuoto.
Quando ho pensato a questo articolo stavo guardando le foto degli ultramaratoneti appese in una parete del mio studio: sono tutti over 50. Quando vengono a farsi “aggiustare” tutti mi dicono la stessa cosa: è la mente che mi porta avanti, non le gambe.
E siamo sempre lì: un pieno di energia mentale su un vuoto fisico.
Solo che diventa pericoloso abusare così tanto del proprio corpo grazie alla propria mente diventata volenterosa e solida. Volenterosa e solida: sono le caratteristiche dell’energia del rene, il rene che custodisce uno dei tre tesori, il Jing, che come abbiamo già avuto modo di dire, rappresenta un “libretto di risparmio” della nostra energia che non deve mai essere intaccato.
Allora, tornando a Dante: forse dopo una certa età ha senso giocare al risparmio, dedicarsi ad attività fisiche che sviluppino la coscienza corporea e che siano meno dispendiose dal punto di vista corporeo.